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 Gian Pietro Farina, Lia Laterza, Anna Maria Palumbo
 Mostra collettiva

  IRCC (Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro), Candiolo (TO)
  8 giugno 2000 - 15 gennaio 2001
Un piccolo villaggio innevato ai piedi di una montagna, uno scorcio di vecchie case che si affacciano sul fiume Dora, interminabili campi di fiori dorati, filari di pioppi e sentieri in collina: ogni acquerello di Gian Pietro Farina trae ispirazione, o piuttosto linfa vitale, dalla natura. Sono immagini intrise di lirismo, che non necessitano di chiavi di lettura; c'è solo un modo per apprezzare sino in fondo i lavori dell'artista di San Raffaele Cimena, ovvero quello di lasciarsi guidare dalla sensazione di pace, dal fruscio delle foglie, dall'ovattato silenzio che la coltre di neve rende quasi insopportabile, dallo scorrere delle acque e sentirsi parte integrante di quel mondo che, come Farina, solo i grandi poeti riescono ad evocare. Tuttavia, sarebbe una grave mancanza, da parte nostra, attribuire tutta la validità di questi lavori alle sensazioni che da essi promanano, senza invece sottolinearne, e mai ci stancheremo di farlo, la salda padronanza di una tenica che non consente ripensamenti.
La dolcezza dei ricordi, la memoria che torna indietro nel tempo, ad evocare momenti di spensieratezza o di intensa felicità: gran parte della produzione pittorica di Lia Laterza sembra intrisa di una velata malinconia. In Fiori dall'inverno (1999) è il profumo dei glicini appena colti a riportare alla mente situazioni ormai lontane; è grazie all'accorta stesura cromatica se passato e presente qui scorrono paralleli, dividendo a metà la superficie pittorica: da un lato il colore è sfumato e quasi evanescente, dall'altro più deciso ed intenso, a definire con insistenza ogni particolare dello sgabello, dei petali e del panneggio sul tavolo. Dalla pittura di Laterza, inoltre, promana un profondo rispetto per ogni aspetto della natura, anche il più apparentemente banale, come ben testimoniano I tesori di Gea e L'amore di Gea, in cui rispettivamente le zolle di terra ed i singoli fili d'erba sono descritti con grande maestria.
I paesaggi collinari e marini sono evocati con grande suggestione da Anna Maria Palumbo; i numerosi acquerelli che ritraggono la penisola sorrentina, da Capo Lagala a Vico Equense, sembrano sortiti da un vecchio taccuino di viaggio. Catturare velocemente il profilo del Vesuvio, il riflesso del tramonto nel mare e la luce più o meno calda ed avvolgente nelle diverse ore del giorno, secondo una pratica ben diffusa nel corso dei secoli passati e che la moderna tecnologia ha sostituito con sofisticatissime macchine fotografiche e videocamere. Al contrario, negli acquerelli della Palumbo ci sono ancora tutta la freschezza e l'immediatezza della pittura realizzata en plein air. Eppure nel caso dell'artista torinese ogni lavoro, sebbene realizzato con tecniche che prevedono un'esecuzione più studiata, quali l'olio e la tecnica mista, mantiene tali vitalità e spontaneità, come ben attestano le rimanenti opere qui esposte, quali Le colline e la vigna (1999), Colline ad Agliano (1991) e Felice stagione (1995).

Adelinda Allegretti
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Adelinda Allegretti: storico dell'Arte, giornalista, curator di eventi espositivi - CREDITS