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 Enrica Borla. This box is very very Pop. Omaggio a Andy Warhol
 Mostra personale

  Atahotel Executive****, Milano
  22 aprile - 31 maggio 2011
A volte mi estraneo dalla realtà (2011), teca portatile, collage, miniatura di gondola veneziana in stagno, ex voto ricamati in stoffa, vetro, scatola di legno, cm 14x9,5x5
Ecco la teca portatile, la teca portabile ovunque. E' chiusa nel suo astuccio e può esser comodamente messa in tasca o nella borsa o nella valigia e, ovunque ci si trovi, può esser tirata fuori, aperta e la si può guardare. Si rivela essere anche un comodo oggetto d'arredamento da viaggio, nelle stanze d'albergo o nei residence e/o nei resort. Dona così un tocco di familiarità col luogo in cui ci si trova, anche se estraneo.
E' l'estensione dei medaglioni che si portavano al collo con la foto dei propri cari o una ciocca di capelli dell'amato. Invito chiunque a prendere una scatolina di legno e farla diventare un contenitore di oggetti simbolici, di foto, di scritte che vorremmo portare con noi. Dovreste farne una ogni volta che volete portar con voi qualcosa o qualcuno, un promemoria in itinere: e quando la teca portatile scade, non la gettate via, anzi, chiudetela e costruitevene un'altra. Sono gli appunti di viaggio della vostra vita, sono ciò che volete relegare nel passato o tirar fuori per rivivere quel momento di tanto in tanto. Costruite le vostre fanta-teche!

All the young dudes (2011), foglio di block notes, cristalli di plastica, bolla trasparente, giocattoli in plastica in cornice Ikea cm 16x16x3
Creare una teca che abbia come argomento la guerra e che esprima l'essere contrari alla guerra, alle guerre, apre uno scivolo insaponato verso il didascalico, la banalità, la demagogia. Dentro ci sono domande e ci sono spunti di riflessione: le guerre sono necessarie ma non servono. La guerra non riesce ad essere tramandata nell'evoluzione umana come condizione crudele, il suo orrore sembra sempre scomparire nel giro di una o due generazioni. E la storia è condannnata a ripetersi nella sua violenza.
Un soldato impugna un'arma da fuoco. Immagino medaglie al valore, immagino monumenti al milite ignoto, immagino parate militari con folle plaudenti. Di fronte al soldato nella bolla, lui come altri ci son stati e ci saranno, c'è una donna delle caverne: e solo un minuto fa appariva il monolite nero tra gli ominidi che si sfidavano per una fonte d'acqua.
Sullo sfondo il disegno di Leonardo da Vinci raffigurante le proporzioni umane secondo i canoni antropometrici dell’architetto romano Vitruvio Pollio del I secolo a.C., detto Uomo Vitruviano.
Il disegno è conservato alle Gallerie dell’Accademia di Venezia fin dal 1822, quando il Governo austriaco l’acquistò, insieme ad altri venticinque straordinari disegni di Leonardo, dal collezionista milanese Giuseppe Bossi, lo stesso che lo pubblicò nel 1810, dopo secoli di oblio.
Il foglio (mm 344x245, carta bianca), eseguito a Milano intorno al 1490, rappresenta uno studio di proporzioni del corpo umano inserito nel cerchio e nel quadrato, le figure geometriche ritenute perfette da Platone, disegnate però non concentriche, bensì costruite in relazione tra loro secondo i modi della Sezione Aurea. Così il centro del cerchio coincide con l’ombelico, e quello del quadrato cade all’altezza dei genitali; come questi indicano l’origine fisica, così l’ombelico rimanda a quella spirituale. Ed è proprio nell’idea geniale di raffigurare contemporaneamente le due potenzialità geometriche, tramite l’applicazione di regole matematiche produttrici di un’armonia che sconfina nella musica, che l’artista realizza una rappresentazione armonica, in una sintesi che resta insuperata. La duplice postura della figura umana, inoltre, accentua l’andamento oltremodo cinetico dell’immagine, in un gioco di mutazione continua che, unito al concetto umanistico dell’uomo come specchio dell’universo, ne fa un simbolo di perfezione classica del corpo e della mente, umana e divina, quindi del microcosmo, riflesso del cosmo intero, a misura d’uomo: un valore universale, quindi, che in quanto tale racchiude in sé un’incancellabile aspirazione al futuro che lo renderà sempre attuale.
Non a caso la NASA lo ha scelto quale emblema per il suo programma di esplorazioni spaziali. Un problema ancora aperto, quindi, quello dell’interpretazione di questa eterea sintesi grafica dell’armonia dell’uomo nel cosmo, non interamente appartenente né all’arte né alla scienza. “Non mi legga chi non è matematico nelli mia principi”, scrive infatti Leonardo all’inizio del Libro di Pittura (IV, f.14r), memore dell’ammonimento di Platone. Il suo approccio alla conoscenza scientifica, tuttavia, era visivo; era l’approccio del pittore, come affermava lui stesso: “La pittura abbraccia in sé tutte le forme della natura”.

Come si acquista un orologio (2011), collage, cassa di orologio, miniatura, rial (banconote iraniane) a striscioline, sterline libanesi in striscioline, in cornice Ikea cm 16x16x3
Ho ottemperato a tutti i miei doveri di uomo e indosso una camicia di seta fatta su misura. Cammino sicuro sotto i portici e prendo l'aperitivo al caffè San Carlo, uscito dalla palestra situata nel centro cittadino. Il mio appartamento dista solo a dieci minuti a piedi e mi sento proprio bene. Ho conosciuto mia moglie all'università: in seguito lei ha rinunciato alla carriera per seguire i nostri due figli. Sono soddisfatto della mia vita e non mi manca nulla.
So di essere un bell'uomo e non mi mancherebbero occasioni per trastulli extra-coniugali, specialmente tra le colleghe di lavoro. Solo che ho deciso che non mi cerco rogne, anche perchè in giro ci sono tante signorine disperate e io non so bene come reagirebbero: potrebbero accampare pretese che metterebbero a repentaglio la mia tranquillità famigliare. D'altro canto, a ben pensarci, con mia moglie condivido molti interessi e lavoro nell'agenzia di mio suocero: sarebbe un bel colpo di testa giocarmi i privilegi ottenuti con qualche concessione carnale! Ho i piedi per terra e la testa sul collo. C'è una collega a dire il vero, una mia vecchia compagna dei tempi degli studi, con cui gioco un pò: anche lei è sposata e ogni tanto ci faccio il cascamorto mentre lei ride, complice, compiaciuta. Ma è un giochetto in cui non si paga pegno, molto facile, poichè anche lei è sposata e ogni tanto si fa palpare le natiche e usiamo giocare verbalmente coi doppisensi. Tutto qui, non mi spingo oltre perchè, come vi ho detto prima, ho la testa sul collo.
Ho una vera e propria passione per gli orologi, passione che mi ha trasmesso mio padre notaio: è una sorta di tradizione di famiglia ormai oserei dire. Ne ho una collezione e posso ormai cambiarne uno alla settimana.
Arrivo a casa la sera per l'ora di cena e incrocio la colf che se ne sta andando: mia moglie da sola con i due figli e l'appartamento non ce la fa da sola a fare tutto e la signora che le dà una mano, che è stata di recente regolarmente messa a posto coi libretti, lascia sempre qualcosa di pronto anche per la cena (cucina benissimo, ammetto). Mangio con la mia famiglia e dopo cena la mia consorte si occuppa di mettere a letto i bambini, che non dimentico mai di baciare sulla fronte, e io mi servo una China, dando un'occhiata alla posta che mi ha consegnato il custode dello stabile, e guardo lontano sulla collina. Una delle mie ambizioni è, un domani, poter acquistare una casa in pre-collina con un giardino.
Ho 39 anni e inizio ad avere qualche accenno di capelli bianchi sulle tempie. Non mi occupo di cosa c'è là fuori, guardo solo la mia auto parcheggiata nel controviale. Questo fine settiamana andremo in montagna.

Dis moi oui, Andy (2011), collage, cartoncino, miniatura in plastica, confetti smarties, panno, cm 20x15x10
New York, 1968. Andy Warhol è già una star, frequenta i posti più alla moda di Manhattan, ha aperto la Factory, frequentata dalle migliori menti della sua generazione. Valerie Solanas, scrittrice, femminista rivoluzonaria, scrive un dramma sui rapporti uomo-donna che decide di far pubblicare. Conosce Andy Warhol che tenta di farla entrare nel suo gruppo eterogeneo e conosce Maurice Girodias, che tenta, riuscendovi, di farle pubblicare la sua pièce. Dopo una serie di avventure non troppo piacevoli Valerie decide che non è più tempo di aspettare il "sì" di qualcuno, entra nell'ufficio di Andy Warhol e, con una beretta gli spara, ferendolo gravemente. Era il 3 giugno, quel giorno io compivo due anni. La Solanas sarà giudicata inferma di mente. Andy Warhol sopravvisse e nella teca osserva se stesso mentre viene colpito. E la sua immagine è riprodotta esattamente come egli riproduceva con la tecnica del riporto fotografico. I shot Andy Warhol.
Sulla parete di destra ci sono alcune delle sue stampe più famose, mentre su quella di sinistra una foto della sua prima musa, Edie Sedgwick, e due locandine di suoi film.

Faccio cerchi con il 3 (2010)
Come si fa a fare cerchi con il 3?
Ci sono delle tracce nella teca, basta seguirli. Siamo negli anni '70 e dintorni, un decennio bruciatore.
C'è del cibo e qualcuno potrebbe ingerirlo, poi berci sopra un cocktail di alcool e tranquillanti e morire per ab ingestis. C'è una vasca da bagno, potremmo pensare alla morte di Marat di David, ma qualcun altro si è fatto il bagno, fedele al suo spirito, e ivi è morto di overdose. La sua amata compagna Pamela si è persa nel mondo dal quella sera...
Un altro, al di là di bere e drogarsi e cantare, si rimpinzava di cibo fino a non riuscir più a muovere il suo bacino, il suo pelvis, e divenne obeso e morì di ciò che ne consegue. Almeno così si narra.
In un freddo fine gennaio, nei giorni della merla, un cantautore italiano fu trovato morto nella sua stanza d'albergo. si suicidò per esser stato eliminato in un concorso di canzonette. Invece pare che un giovane, che sapeva nuotare bene, coi capelli biondi come il grano, una sera si drogò come sempre ma scivolò nella sua piscina nel Sussex in una notte di luglio.
Shreck: "Ciuchino, puoi trattenerti da solo per cinque minuti?"
E c'è anche una donna, che non era bionda, che dicevano non fosse magra, che dicevano non fosse bella: e a forza di sentirselo ripetere ci credeva pure lei. Invece era più bella delle belle, la sua voce incantava gli Dèi e aveva il potere di incantarti: ma non ci credette nemmeno lei e non morì nel tempo d'estate, e il vivere non era facile.
Arriviamo infine alla grande mela, arriviamo fino al 1980, in cui una mattina di dicembre un uomo uscì dal Dakota building, dove Polanski aveva ambientato il suo "Rosemary's baby", e venne ucciso da un giovane che possedeva una pistola e sostiene di aver voluto possedere Jodie Foster.
Il numero cabalistico è 27.
Vi è chiaro ora come è possibile fare cerchi con il 3?
GIOVANI UOMINI MORIVANO A
GIUGNO,
LASCIANDO FULGIDE VEDOVE
E BIMBE ANCORA TROPPO PICCOLE
Appendice.
"Brian Jones muore affogato nella sua piscina il 3 luglio 1969. Ma il rock e l'ideologia utopica che la vulgata della critica (anche sul web) sulle pagine dello spettacolo pretende di associargli indissolubilmente non c'entrano. Nessuna utopia giovanilista, quella di Brian è una vicenda di egocentrismo competitivo, di narcisismo compulsivo, di edonismo selvaggio, di gelosia mortale: il Rolling licenziato è anche il Rolling morto. Una vicenda così comune nell'ambiente del rock, ma nessuna così perfetta. E nessuna nostalgia perchè quel 1969 è presente, è il presente: il survival of the fittest in paillettes. A questo l'autrice ha alluso. Ma il Brian stoner è soltanto la metà prosaica della sua vita, mentre il Brian dei Joujouka, perturbante e ieratico, abbacinante (come lo "Sheltering sky" di Bowles), insieme al corteo sciamanico di oboi, flauti e tamburi che officia il mistero nel deserto, non ha inteso mostrarlo , vuole che resti, per chi guarda e lo conosce, soltanto saputo e vissuto come un fatto ultimo che non possa mai finire nella vetrina della mente sbagliata, insieme ai Rolling Stones". F.A.

Firmino (2011)
Ho deciso di dedicare una teca rammemorante a Firmino e a me stessa, a chiunque in questo mondo che, leggendo il libro, sia stato immediatamente pervaso da alcune sensazioni, incluse la tristezza, la rabbia, la disperazione, ma anche la poesia, la bellezza, le emozioni più intense, remoti ricordi agrodolci. Molto ci sarebbe da dire sulla miserrima vita di questo topo, a tal punto che non tento nemmeno di scriverne una sola riga di commento. Così, uso il solo linguaggio che io conosca per trasmettervi ciò che ho dentro, la teca.
Adesso Firmino si trova in un meraviglioso palazzo, pieno zeppo di libri: sta gustando un buon bicchiere di vino rosso e Bèla Bartòk sta suonando il piano per lui a lume di candela. La sua lotta per la sopravvivenza è terminata.
Firmino venne pubblicato in Italia nel 2008. Uscì per la prima volta in America nel 2006, come romanzo d'esordio dello scrittore statunitense Sam Savage, con una tiratura di mille copie dalla Coffe House Press.

Gli amori sognati (2011), dittico
In una notte di mezza estate, nell'entroterra ligure, plotoni di figure bianche che fluttuano nell'aria raccontano dell'amore. Angeli bizantini tutti uguali, lontani, ieratici e semplicissimi non possono parlare di noi, non possono certo rappresentarci, non sanno cos'è la fatica, il dubbio, l'invidia, la speranza. Non possono conoscere del dolore, della malattia e del fastidio. Non sanno e non dimenticano, non hanno occhi per guardare, non hanno orecchie per ascoltare, non parleranno, non faranno errori, non mercanteggieranno, non illuderanno, non blandiranno.
Lui ama lei.
Lui ama lui.
Lei ama lei.
Lui e lei non si amano più.
Spilli trafiggono i cuori, ma nelle mani portano doni di perle. Un rito d'amore. Ma solo nei sogni tutto può essere chiaro.
(M.F.)

Il pesciolino dispettoso (2011)
Quando mi sono avvicinata al bancone di legno per pagare le mie petruzze in plastica trasparenti, la signora cinese dietro alla cassa mi guardò e mi chiese: "Cosa serve?", e io le risposi, "Non lo so, ma sono espressive."
Poi una sera, a casa, ho iniziato a collegarle una all'altra: sono mare, sono ghiaccio, sono lo spazio intracellulare, sono vetro, sono trasparenza, sono lacrime, sono il teorema.
Questa in realtà è la vera prima teca esorcizzante, è antecedente a "Il Lego": ma ogni teca di cui vengo a raccontarvi ha il suo momento di narrazione. Le parole ristagnano nei nostri corpi e a seconda della materia di cui sono fatte evaporano, sedimentano, germogliano, imputridiscono, infettano, curano, guariscono, leniscono, o aggravano la situazione. Certe parole che prima creavano malessere ora ci stupiscono per la loro inconsistenza, quelle che sembravano scaturire da una tragedia insuperabile ora appaiono ridicole. Altrettanto, alcune parole che ci facevano sorridere possono tramutarsi in piccoli ragnetti avvelenati che iniziano a scorrere nelle nostre vene e intossicano il cuore, l'anima. Le parole che ci hanno reso felici ricordate in un altro tempo ci fanno solo stare molto male. E quel fiume di parole che arriva finalmente e fisiologicamente al delta porta con sè i detriti della stessa acqua pura che sgorgava alla sorgente.
Su questo mare di parole, su questo fiume di lagrime, in cui qualcuno sta affogando - i'm going deeper underground - c'è un pesciolino che sguazza indifferente, che volteggia sopra le onde senza pensieri o sensi di colpa, senza sentirsi addosso il peso di nessuna responsabilità, senza sentire il rimorso di un abbandono, indifferente al dolore che causa, che guizza e con l'acqua si auto assolve da ogni peccato, salta fuori da quelle acque, da quell'amarezza, da quella poltiglia di lacrime e parole. Sono stata io? Sei tu?

Nessuno lo fa meglio (2011), ritaglio di giornale, cristalli di plastica viola, tulle in stoffa viola, scimmietta in ceramica, in cornice Ikea cm 16x16x3
Andai a scuola dalle Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio, per quasi dieci anni, compreso il doposcuola. Questo implicava, oltre alla sicurezza che dava alla mia famiglia, recarsi a messa una volta alla settimana, cantare e confessarsi. Da un certo momento in poi potei confessarmi.
L'austero confessionale si trovava in una navata laterale della chiesa, costruita nel 1866 in stile neo romanico dal Beato fondatore. Silenzio e bisbigli, con fasci di luce pomeridiana che entravano lateralmente dal lato dei giardini attraverso le vetrate colorate in cui galleggiava il pulviscolo che odorava di cera d'api utilizzata per lucidare i banchi di legno. Ogni tanto giungevano all'interno i rintocchi della campana, da quel campanile che è il terzo edificio più alto della mia città e che dicono oscilli quando il vento è forte.
Le sorelle ci facevano entrare in chiesa a piccoli gruppi e noi bambine ci inginocchiavamo , incrovamo le manine e chiudevamo gli occhi chinando il capo poichè avremmo di lì a poco confessato i nostri peccati e necessitavamo di concentrazione e meditazione, in atteggiamento di umiltà. Io non sapevo mai cosa dire, non avevo in mente esattamente il significato di "peccato": passavo quindi il tempo a inventare peccati e sforzarmi di considerare un peccato da confessare qualsiasi stupidaggine infantile. Ero da piccola un individuo solitario, non dispettoso, amante degli animali, con una certa voracità che però non era mai ostacolata dai miei famigliari, non facevo dispetti, non amavo gli scherzi cattivi, non rubavo una matita colorata alla compagna di banco nè una bambola se giocavo con qualcun altra: si inizia così ad inventare frottole e trovarle la cosa più naturale, piccole innocue bugie per cavarsela, per non fare scena muta davanti al confessore. Io una volta ci provai a dirgli la verità, gli dissi che non avevo peccato: mi fu risposto che ciò era impossibile, almeno perchè tutti nasciamo con la macchia del peccato originale. Poi mi chiese se soffrissi mai per le pene che si addossò Gesù Cristo e quando risposi con sincerità mi venne detto che non ero una buona cristiana e che era un peccato ben più grave, poichè Dio aveva sacrificato suo figlio anche per la mia salvezza. Ma da cosa o chi dovevo essere salvata?
Quando dopo minuti in ginocchio arrivava il mio turno mi alzavo brevemente e tornavo ad inginocchiarmi a lato del confessionale. La grata era di ottone bucherellato ed i buchi erano disposti a forma di croce. Al di là c'era un uomo di una certa età, con voce monotona, che però io non potevo vedere: ascoltavo la sua voce dal tono virile, sentivo il suo respiro, annusavo il suo odore, capivo dallo scricchiolio del legno quando si spostava, ma non potevo vederlo. Lui invece poteva vedermi, tanto che ogni volta che giravo il capo distratta da un rumore nella navata mi redarguiva e mi diceva di chinare di nuovo il capo in atto di sottomissione a Dio. Se proprio non era soddisfatto delle stupidaggini che mi ero inventata apposta per lui mi suggeriva peccati: "Hai mancato di rispetto alla mamma?", "Volevi il portapenne della tua compagna di classe?" "Ti sei distratta durante l'ultima messa?", e così via, finchè qualcosa non veniva fuori e, che io ricordi, non mi sono mai alzata dalla confessione senza dover fare ammenda e penitenza, senza dover dire delle preghiere affinchè Dio non mi assolvesse dai miei peccati.
Mi chiedo tuttora cosa mi resti di quell'allenamento agonistico alla colpevolezza, mi chiedo tuttora perchè quel Dio ambisca a fare il giudice di gara, il castigamatti, e ho creduto a lungo che la chiesa cattolica avesse l'esclusiva di Dio. Nel mio animo alcuni automatismi si sono incastonati per sempre.
Ho sempre dei brividi quando ricordo le parole del rituale dell'eucaristia, passione e morte: mangiare la sua carne e bere il suo sangue. Un giorno in gran segrate provai a masticare l'ostia temendo che avrei sentito il sapore del sangue nella mia bocca: avevo nove anni. E quando iniziai a crescere osservavo con attenzione morbosa il corpo sul crocefisso: lo scavo delle clavicole, le gocce di sangue su un viso ceruleo, quei piedi lunghi e bianchi fermati da un solo chiodo, la cresta iliaca dei lombi coperti da un panno che tende a scivolare giù, gli occhi socchiusi nel dolore dell'agonia. Quello stesso corpo magro accasciato senza vita tra le braccia di una donna dalle guance rosee e tornite, avvolta in morbidi panni e circondata da un mantello caldo: lo Stabat Mater che era posto in una nicchia della chiesa.

Ombre rosse (nessuno verrà a salvarci) (2011), collage, ritagli di riviste, giocattolino in plastica, fiore rosso in tessuto, lana colorata, chiodi, in cornice Ikea cm 25x25x3
Un personaggio michelangiolesco della Cappella Sistina scappa inseguendo Paul Gauguin e si ritrova su un'isola in compagnia di un pappagallo rosso. Era stufo di vedere papi e alti prelati deambulare sotto i suoi occhi, ma con gli anni il rosso è diventato il suo colore preferito.
Questa teca è esattamente ciò che pensate che sia. Anche i fili di lana, come fasci di luce, come fili dell'alta tensione, come il filo dei pensieri. Connessioni sempre più sottili e fragili tra la natura e l'essere umano, tra l'essere umano e gli altri esseri viventi, attaccati ad un filo.
E se vi venisse un dubbio, il titolo originale del film di John Ford è "Stagecoach" e non "Red shadows"...non vorrei ne foste depistati.

Pornopatta (2010), Paperino in plastica, fiammiferi di legno, collage, ritagli di catalogo in cornice Ikea cm 16x16x3
"Se intorno al cadavere di Eliogabalo, morto senza tomba, e sgozzato dalla sua polizia nelle latrine del proprio palazzo, vi è un'intensa circolazione di sangue e di escrementi, intorno alla sua culla vi è un'intensa circolazione di sperma. Eliogabalo è nato in un'epoca in cui tutti fornicavano con tutti; nè si saprà mai dove e da chi fu realmente fecondata sua madre. per principe siriano, quale egli fu, la filiazione avviene attraverso le madri; - e, in fatto di madri, vi è intorno a questo figlio di cocchiere, appena nato, una pleiade di Giulie; - e ch'esse influiscano o no sul trono, tutte queste Giulie sono delle fiere puttane.
Il loro padre comune, la fonte femminile di questo fiume di stupri e di infamie, doveva, prima di essere sacerdote, esser stato coccchiere di vettura pubblica, senza di che non si capirebbe l'accanimento che mise Eliogabalo salito al trono a farsi inculare dai cocchieri."
Antonin Artaud, da "Eliogabalo o l'anarchico incoronato", I "La culla di sperma", 1934, ed. Adelphi, gennaio 1991
Ogni volta che compriamo qualcosa lo facciamo perché pensiamo possa migliorare, direttamente o indirettamente, la qualità della nostra vita. Quando compriamo del sesso, quando ci rivolgiamo al mercato della pornografia, lo facciamo per la stessa ragione. Per soddisfare le nostre pulsioni forti, per vizio, per noia, a volte per abbruttimento. E ci teniamo al caldo per un po’, come accendere un fiammifero per riscaldarsi, come faceva la piccola fiammiferaia. L’uomo in alto offre un sorriso alla vista della donna sdraiata ai suoi piedi che osserva lo con attenzione: due Erinni più a lato fanno la guardia.

Se telefonando (2010), giocattolini in plastica, ritagli di giornale, collage su cartina della città di Roma, in cornice Ikea cm 16x16x3
Doppio fotogramma di Lucia Bosé nel film di Michelangelo Antonioni "Cronaca di un amore" del 1950. L'abat jour richiama invece la memoria di un 'altra donna al telefono, Anna magnani ne "La voce umana", episodio di "Amore" di Roberto Rossellini, tratto da "La voce umana, la macchina infernale" di Jean Cocteau.
incipit: "Pronto...Pronto...Pronto..."
explicit: "Ti amo!"
L'opera narra una complicata rottura di un rapporto d'amore. La donna, dopo esser stata lasciata, telefona al suo ex amante (di cui non si sente mai la voce), che ama ancora.
Nel luglio del 2010 un carrozziere di 55 anni una mattina decise di vendicarsi delle sue ex fidanzate, ree di aver interrotto la relazione con lui. Alle otto del mattino prima si recò a casa di una di loro nei pressi della città in cui abitava e la uccise, poi si mise in macchina, attraversò la Pianura Padana e verso il tardo pomeriggio arrivò a destinazione nel luogo ove viveva un'altra sua ex e uccise anche l'altra donna. E mentre gli inquirenti annodavano i filio dei due delitti, l'uomo chiudeva la sua giornata si metteva in bocca la canna della sua pistola e tirava il grilletto davanti a un cimitero. Cronaca di un amore.
Se telefonando io potessi dirti addio
ti chiamerei...
Se io rivedendoti fossi certa che non soffri
ti rivedrei...
Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta
ti guarderei...
Ma non so spiegarti
che il nostro amore appena nato
è già finito...
Se telefonando io volessi dirti addio
ti chiamerei...
Se io rivedendoti fossi certa che non soffri
ti rivedrei...
Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta
ti guarderei...
Ma non so spiegarti
che il nostro amore appena nato
è già finito...

Teorema (Agnus Dei) (2011), collage, mattoncini lego, polena in plastica, pennarello rosso, in cornice Ikea cm 16x16x3
La polena era una scultura lignea rappresentante una figura umana, spec. femminile, un animale o un mostro fantastico, che si poneva come ornamento sulla prua delle navi per proteggere i marinai durante la navigazione. Spesso tale presenza è simbolicamente rappresentata da un occhio apotropaico (cioè inteso ad annullare e allontanare influssi maligni), dipinto ai lati della prua per accentuare la protezione già assicurata dalla polena.La prua è infatti il punto cruciale della nave, intesa quasi come un elemento vivente, che si fa strada attraverso le acque infide. L’invenzione delle polene risalirebbe al 480 a.C. quando, a Salamina, il greco ateniese Licomede sacrificò al dio Hermes la prua della prima nave persiana catturata. La prua quindi acquistò un significato più pregnante, essa era la testa della nave, il suo cervello, il suo elemento vitale.
E alcuni uomini si fanno polene dei loro simili affrontando per primi verità e scandali, cercando di approdare in altre rive trascinandosi dietro la ciurma, subendo ammutinamenti e naufragi.
Mostre dello stesso artista:
 Invito    Invito  
Opere
Enrica Borla, All the young dudes (2011) Enrica Borla, All the young dudes (part.) Enrica Borla, A volte mi estraneo dalla realtà (2010), teca portatile
Enrica Borla, A volte mi estraneo dalla realtà (part.) Enrica Borla, Come si acquista un orologio (2011) Enrica Borla, Come si acquista un orologio (part.)
Enrica Borla, Dis moi oui, Andy (2011) Enrica Borla, Faccio cerchi con il 3 (2010) Enrica Borla, Faccio cerchi con il 3 (part.)
Enrica Borla, Faccio cerchi con il 3 (part. 2) Enrica Borla, Faccio cerchi con il 3 (part. 3) Enrica Borla, Firmino (2011)
Enrica Borla, Firmino (part.) Enrica Borla, Gli amori sognati (2010), dittico Enrica Borla, Gli amori sognati (part.)
Enrica Borla, Nessuno lo fa meglio (2011) Enrica Borla, Nessuno lo fa meglio (part.) Enrica Borla, Ombre rosse (2011)
Enrica Borla, Ombre rosse (part.) Enrica Borla, Pornopatta (2010) Enrica Borla, Se telefonando (2010)
Enrica Borla, Se telefonando (part.) Enrica Borla, Se telefonando (part. 2) Enrica Borla, Teorema (2011)
Inaugurazione

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Adelinda Allegretti: storico dell'Arte, giornalista, curator di eventi espositivi - CREDITS