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 Dialoghi #1 - Roberto Lalli
 Mostra personale

  Museo Civico Umberto Mastroianni, Marino (RM)
  24 aprile - 29 maggio 2009
Al via il primo appuntamento della manifestazione dal titolo “Dialoghi”, che vede protagonista il Museo Civico “Umberto Mastroianni” di Marino. Qui, con cadenza mensile, un’opera d’arte contemporanea affiancherà le collezioni permanenti di arte romana, al fine di creare un dialogo, appunto, tra manufatti tanto distanti tra loro da un punto di vista cronologico ma che, in realtà, risultano uniti da un invisibile ed indubbio fil rouge. Se l’Arte, infatti, nelle sue declinazioni ed attraverso i secoli, ha il potere di unire gli uomini e le culture, questa rassegna ha il pregio di vedere annullate molteplici barriere culturali, ed avvicinare all’arte contemporanea chi è solito frequentare musei archeologici.

Sono nato a Roma il 14.05.57. Mi sono avvicinato alla pittura molto giovane, frequentando l’ambiente dei pittori legati alla tradizione dell’Informale. Ho svolto per molti anni il lavoro di restauratore presso alcune ditte. Durante questo periodo, ho scoperto veramente come potevo essere legato alla pittura informale e a tutto ciò che la circonda. Ho iniziato a lavorare in uno studio da me allestito, creando tecniche polimateriche, con una immensa soddisfazione. Ancora oggi ogniqualvolta creo un quadro, dopo tanta esperienza assorbita, provo una sensazione di tormento, legata al desiderio di riuscire ad ottenere perfettamente ciò che vedo, nel profondo del mio essere. Creando le mie tele in un piacere, quasi di estasi, cerco di trovare quella pace che caratterizza il progetto e l’attività di un modesto pittore come me.
Roberto Lalli

STORIA DELLA CHIESA DI S. LUCIA
L’edificio dell’ex chiesa di S. Lucia, attuale sede del Museo Civico, conosciuto localmente come “Tempio Gotico” o “chiesone” per le sue notevoli dimensioni e per l’uso profano cui è stato destinato nel corso dei secoli dopo la sua sconsacrazione, si può annoverare come una tra le più importanti testimonianze architettoniche del nostro passato; dalla sua fondazione si sono susseguiti interventi e rifacimenti che ne hanno modificato via via la forma e le dimensioni, coincidenti con la storia del comune, dall’epoca romana al borgo medioevale, dai principi Colonna all’Unità d’Italia fino ad arrivare ai nostri giorni.
La chiesa costruita nei pressi dell’antica rocca dei Frangipane, con cui presenta analogia per tecniche costruttive e materiali utilizzati, sorge sul punto più alto dell’abitato medioevale arroccato su uno sperone di peperino che si allunga verso l’Agro Romano.
La sua fondazione, secondo i frammenti di un’epigrafe studiata dal Seccia Cortes nel 1915, viene fatta risalire al 1102 mentre nel 1225 si segnalano i primi restauri, forse finanziati da Jacopa de’ Sottesoli, sposa di Graziano Frangipane proprietario del castello e amica di S. Francesco che aveva conosciuto a Roma nel 1212.
Insieme con la chiesa di S. Giovanni databile al XIII secolo (di cui sono rimaste solo alcune strutture murarie inglobate nelle costruzioni attuali), che sorgeva all’altro capo del centro abitato nel quartiere chiamato il “Castelletto”, erano dei due poli religiosi del borgo medioevale; entrambe furono chiuse e sconsacrate nel 1669, in concomitanza con la costruzione della Collegiata di S. Barnaba.
Dopo la soppressione seguì un lungo periodo di spoliazione e decadimento, divisa tra vari proprietari fu adibita a lanificio, fienile, tinello. Nel 1850 passò ai Frati Missionari del Preziosissimo Sangue che la riaprirono al culto, ma dopo il 1870 l’edificio è compreso tra i beni demaniali e nuovamente utilizzata per scopi profani, tra i quali sala per spettacoli, Casa del fascio e rifugio per gli sfollati. Infine nel 1974 venne venduta dal Demanio al Comune di Marino come sede di manifestazioni culturali.
La chiesa sopraelevata rispetto alla quota delle strade circostanti, si presentava con un impianto basilicale a tre navate e abside centrale, con l’ingresso che avveniva tramite una scalinata da via S. Lucia, uno degli assi viari medioevali più importanti del paese. Attualmente sono rimaste solo la navata centrale e la destra in cui si aprono due cappelle, mentre la sinistra è occupata da costruzioni civili e dall’entrata attuale. L’interno che mostra un carattere gotico, conferito dagli arconi a sesto acuto su cui poggiano i muri portanti il tetto a capriate, è il risultato dei rifacimenti e delle ricostruzioni, alcune delle quali messe in luce durante i restauri.
Sotto il pavimento sono state rinvenute numerose fosse e sepolture, mentre dietro i primi due archi gotici sono stati scoperti due frammenti di affresco, ora staccati ed esposti al pubblico, databili agli inizi del XIV secolo che raffigurano un santo vegliardo con aureola raggiata a rilievo e una parte di decorazione. Dallo scavo dell’edificio sono stati recuperati anche numerosi reperti archeologici conservati nei magazzini del Museo, riguardanti la decorazione medioevale della chiesa.
Sotto il pavimento è stata scoperta poi una cisterna di epoca romana, costituita da un locale a pianta quadrata con quattro pilastri centrali rettangolari, portanti un sistema di volte, costruita con scaglie di selce e tufo ed impermeabilizzato con “cocciopesto” (un intonaco fatto da minuti frammenti di laterizi e di ceramica impastati con pozzolana e calce), l’accesso era forse costituito da una apertura circolare in peperino sul soffitto posta sul lato nord, mentre un foro nell’angolo sud-est doveva servire allo svuotamento della cisterna per permetterne la manutenzione.
Alcune indagini compiute all’esterno del lato est, hanno permesso di scoprire anche un vasto sistema di cunicoli e grotte, da porre in relazione con la cisterna.
Successivamente l’ambiente fu riutilizzato come luogo di culto cristiano, sul lato est venne costruito un gradino rialzato di circa 10 cm rispetto al pavimento, con al centro la traccia di un elemento circolare probabile sostegno di una mensa d’altare; vicino a questo infisso nel gradino c’è un tubo di terracotta, da mettersi verosimilmente in relazione ai riti che si svolgevano all’interno del locale. Sulla parete in corrispondenza del gradino, si conservano alcuni lacerti di un affresco delimitato da un riquadro dipinto. In esso si distinguono ancora alcune figure appartenenti all’iconografia cristiana, simili stilisticamente agli affreschi trovati nella chiesa superiore, mentre al centro c’è l’impronta di un elemento lapideo rimosso successivamente.
L’unico accesso al vano, in questo periodo, si trova sul lato ovest con un’apertura rialzata di alcuni gradini rispetto al pavimento, mentre sul lato nord furono aperte tre piccole finestre a gola di lupo con l’intento di illuminare l’interno.
I due luoghi sacri hanno sicuramente convissuto per un lungo periodo, come si evince dalle tracce di una scalinata che dall’interno della navata sinistra della chiesa portava al piano inferiore.

CENNI STORICO-TOPOGRAFICI SUL TERRITORIO DI MARINO
Il territorio del Comune di Marino presenta due peculiarità che hanno condizionato, nel corso dei secoli, lo sviluppo degli insediamenti umani. La prima è la presenza di alcuni importanti assi viari quali: l’antica via di transumanza (l’odierna Via Mola Cavona – Via Nettunense) che dai Monti Tiburtini conduceva fino alle pianure costiere; il tracciato della Via Appia, creata nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio Ceco, principale arteria di collegamento con le province orientali dell’Impero Romano, e ultima, in ordine temporale, la strada per Napoli che nei secoli medioevali sostituì l’Appia ormai in disuso.
L’altro fattore condizionante è stata la sua collocazione geografica, posto alle falde del Vulcano Laziale e favorito da un clima salubre ha sempre risentito delle influenze politiche e culturali di Roma divenendo uno dei luoghi preferiti per l’edificazione delle sontuose ville dell’aristocrazia romana. Le prime attestazioni archeologiche di insediamenti umani nell’odierno territorio comunale risalgono all’epoca protostorica e sono testimoniate da varie necropoli rinvenute in passato, sia nelle vicinanze dell’odierno abitato di Marino, Monte Crescenzio, S. Rocco, che in alcune località più distanti, Vigna Pavoni, Vigna Limiti, Campo Fattore, Colle Oliva, Casale Licia ecc. Quest’ultima località riveste notevole importanza, poiché sembra essere stata il nucleo iniziale di quella che diverrà poi Bovillae città famosa ed importante nell’antichità, nel 293 a.C. vi fu prolungata la prima pavimentazione dell’Appia, per aver raccolto l’eredità religiosa della mitica Alba Longa; i suoi abitanti erano chiamati Albani Longani Bovillenses, ed era la sede di molti sacerdozi, compresi quelli che assicuravano il culto della gens Iulia (Tacito, Ann. I 54). L’imperatore Tiberio vi fece costruire un circo che poteva ospitare circa 8000 persone, di cui rimangono alcune arcate dei Carceres, ed un teatro. Poco distante si vede ancora un lungo tratto del basolato originale della Regina Viarum ai cui lati si conservano numerosi i resti dei sepolcri che si allineavano lungo il suo tracciato. Le prime notizie sull’abitato di Marino risalgono a Plinio (Naturalis Historia, 1. III, 64) che lo cita con il nome dei Castrimoenienses, fra le colonie della prima regione d’Italia, i cui predecessori forse corrispondono ai Munienses annoverati, dallo stesso autore, fra i popoli dell’antico Lazio scomparsi senza lasciare traccia.
Da alcune iscrizioni ci viene restituito il nome latino dell’abitato Castrimoenium, fortificato in vigore di una legge di Silla, nello stesso periodo fu innalzato al grado di Municipium. Sotto il regno di Nerone fu assegnato a tribuni e soldati e ascritto alla tribù Falerna (G. Tomassetti, La Campagna Romana, vol. IV) e il suo territorio fu scelto come luogo per costruire numerose ville patrizie. Nel corso del Medio Evo, non essendo l’Appia più percorribile, la strada che conduceva a Napoli, passava all’interno del paese; questa posizione strategica lo portò ad essere ben presto dominato da feudatari, i primi dei quali furono i Conti di Tuscolo, che vi edificarono un castello attorno al quale si raggruppò la popolazione. Il borgo con il nome di Castra Mareni doveva occupare la parte Nord dell’odierno abitato, successivamente passò, tramite dote, ai Frangipane, seguiti nel 1266-67 dagli Orsini e nel 1386 dai Caetani; nel 1419 lo acquistarono i Colonna, che apportarono notevoli cambiamenti nel tessuto urbanistico medioevale e ne mantennero il possesso, fra alterne vicende, fino al XIX secolo.
All’interno del centro storico, che sorge in posizione dominante su un alto costone roccioso che si allunga verso Nord, si sono conservate molte testimonianze del passato dislocate in vari punti del tessuto urbano. La più antica è il fondo di una capanna databile tipologicamente alla Civiltà del Ferro Laziale, rinvenuta nei pressi della stazione ferroviaria.
Poco lontano nel 1962, durante i lavori per l’allargamento di una cantina, fu scoperto un santuario dedicato al dio indoeuropeo MITHRA, ricavato all’interno di una cisterna per l’acqua, sulla cui parete di fondo fu dipinto, nel corso del II sec. d.C., un affresco policromo rappresentate il dio nell’atto di tagliare la gola ad un toro bianco.
All’interno del quartiere medioevale chiamato il “Castelletto”, recenti ricerche hanno portato alla scoperta di una cisterna a tre navate e di numerose strutture murarie, in op. reticolatum ed in op. quadratum, riferibili ad un edificio che si sviluppava su più livelli o terrazzamenti (V. Antonelli, in Documenta Albana II serie, nn. 3-4, 1982-83).
Nella parte alta del paese sotto l’ex chiesa di S. Lucia i restauri hanno portato alla luce una cisterna romana, riutilizzata come luogo di culto cristiano, ed alcuni ambienti di un vasto sistema idrico (C. Bresciani Sacchi, in Archeologia Laziale VI, 1994). Numerose sono poi le villae, scoperte a più riprese, nelle campagne circostanti. La più famosa era quella attribuita a Quinto Voconio Pollione (in località Sassone) che restituì molte opere d’arte andate purtroppo disperse, un’altra era quella dei Valeri a Tor Messer Paoli o quella degli Scriboni a Colle Cimino.
Alessandro Bedetti
Mostre dello stesso artista:
 Invito  
Opere
Roberto Lalli, Grande cantiere, smalto e combustione su tela di juta, cm 120x80
Inaugurazione





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Adelinda Allegretti: storico dell'Arte, giornalista, curator di eventi espositivi - CREDITS